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Tribunale di Brescia

Il Caso

Principi espressi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto da una banca nei confronti del titolare di un’impresa individuale, a titolo di canoni scaduti insoluti e interessi di mora del contratto di leasing immobiliare.
L’opponente fondava l’opposizione: i) sul controcredito scaturente dall’applicazione dell’art. 1526 c.c. al rapporto, a seguito della risoluzione del contratto per inadempimento comunicato dalla concedente, con conseguente diritto alla restituzione dei canoni di leasing; ii) sulla nullità della clausola penale del contratto sia per contrasto con l’art. 1526 c.c. sia perché vessatoria ed eccessivamente onerosa; iii) sulla nullità della clausola contrattuale relativa agli interessi di mora per superamento del tasso soglia di cui alla L. 108/1996; iv) sull’eventuale applicabilità al contratto di leasing della disciplina introdotta con la L. 124/2017.

La Massima

La clausola penale contenuta nelle condizioni generali del contratto di leasing immobiliare risulta pienamente legittima e compatibile con l’art. 1526 c.c., qualora preveda per il venditore l’obbligo di restituzione delle rate riscosse e il diritto al pagamento di equo compenso per l’uso della cosa (in aggiunta logicamente alla restituzione del bene di proprietà) e che i contraenti possano convenire che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità. Oltretutto, se la clausola fa salvo il diritto del venditore al risarcimento del danno, va da sé che anche la quantificazione del danno, come l’indennità, ben può essere preventivamente determinata dalle parti con clausola penale, e che tale indubbiamente deve qualificarsi la previsione contrattuale del diritto del concedente di pretendere, a titolo di danno, l’importo corrispondente all’attualizzazione delle rate a scadere e del prezzo di riscatto dedotto il ricavato della vendita del bene immobile recuperato (cfr. Trib. Brescia, 4 maggio 2021).
Resta impregiudicata la facoltà per l’utilizzatore, nell’ipotesi in cui il valore residuo dell’immobile superi l’importo spettante alla concedente in forza della clausola penale, di agire in un autonomo giudizio ai fini della restituzione della differenza. Tuttavia, viene meno il diritto dell’utilizzatore a vedersi riconosciuto il ricavato della vendita dell’immobile, qualora non sia oggetto di contestazione avversaria, con le conseguenti ricadute in punto di interesse ad agire.

La Decisione

Il Tribunale dichiarava l’opposizione infondata per i seguenti motivi: a) la morosità alla base della risoluzione contrattuale per inadempimento non era contestata tra le parti; b) le domande e le eccezioni dell’opponente fondate sull’applicabilità dell’art. 1526 c.c. al rapporto erano infondate in diritto, poiché l’art. 1526, primo comma, c.c. veniva derogato dalla clausola penale prevista nel contratto, in quanto non contrastante con i limiti imposti dall’art. 1526, comma secondo, c.c., né vessatoria e tantomeno eccessivamente onerosa; c) il tasso di interesse di mora dedotto in contratto (12%) non era usurario, risultando sensibilmente inferiore al tasso soglia calcolato, sulla base dei criteri indicati da Cass. n. 19597/2020 (pari approssimativamente al 14,5%); d) la l. n. 124/2017 non era applicabile al rapporto in esame, risolto per inadempimento prima dell’entrata in vigore delle relative disposizioni in materia di leasing, poiché era stata postulata l’applicabilità dell’art. 1526, primo comma, c.c. a un rapporto che era regolato esclusivamente dalla disciplina pattizia.


Tribunale di Brescia
Sentenza del 25 novembre 2021 – N. R.G. 16749/2017