Il contenzioso in materia bancaria trae origine, nella maggioranza dei casi, da un’azione monitoria avviata dalla banca ai fini del recupero del credito, a fronte della quale il cliente svolge opposizione, formulando eccezioni di varia natura. Non infrequenti sono tuttavia le ipotesi in cui è lo stesso cliente ad avviare nei confronti dell’intermediario un’azione di accertamento e di restituzione di somme asseritamente pagate senza titolo.
L’esame del campione di provvedimenti consente di affermare che il tasso di accoglimento delle domande e delle eccezioni formulate dal cliente risulta poco significativo, ancorché più elevato rispetto a quello registrato nel contenzioso in materia di leasing.
Le contestazioni del cliente investono frequentemente: la determinatezza e la misura del tasso di interesse corrispettivo e di quello di mora, sotto il profilo, rispettivamente, del metodo di indicizzazione e della disciplina antiusura; la correttezza del TAEG e dell’ISC esposto in contratto, in relazione alle voci di spesa pattuite; la previsione, nei rapporti di mutuo, del piano di ammortamento c.d. “alla francese”, con riferimento alla pratica dell’anatocismo; la validità delle clausole in punto di commissioni di massimo scoperto nei rapporti di conto corrente; la correttezza delle segnalazioni effettuate dall’intermediario presso la Centrale Rischi.
A livello generale si osserva che molte delle decisioni favorevoli al cliente trovano spiegazione nella indisponibilità agli atti del contratto, quando l’onere della prova incombe sulla banca che agisce in giudizio, ovvero nella conclusione tra le parti di un contratto che non determina in modo univoco il tasso di interesse e le altre condizioni economiche, prevedendo riferimenti generici (es. clausola di rinvio agli usi “della piazza”), con conseguente applicazione del meccanismo sostitutivo previsto dall’art. 117 del d.lgs. 385/93.
Le ulteriori contestazioni ricorrenti mosse dal cliente tendono a essere giudicate infondate ovvero inidonee a paralizzare totalmente la pretesa creditoria avversaria, anche alla luce dei seguenti orientamenti consolidati del Tribunale:
- il calcolo dei parametri rilevanti ai fini delle valutazioni in punto di usura viene effettuato sulla base delle Istruzioni emanate in materia dalla Banca d’Italia, fatti salvi gli interventi delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ad esempio in relazione al tasso soglia rilevante per l’interesse di mora), con conseguente infondatezza di contestazioni basate su tassi costruiti ad hoc (es. T.E.M.O.) ai fini dell’azione;
- errori in punto di calcolo del TAEG / ISC esposto in contratto non incidono, di regola, sulla validità dello stesso, potendo determinare semmai conseguenze risarcitorie sotto il profilo della violazione delle norme in materia di trasparenza;
- il piano di ammortamento c.d. “alla francese” non costituisce violazione del divieto generale di anatocismo;
- le clausole in punto di commissioni di massimo scoperto, pattuite prima della introduzione di una specifica disciplina imperativa, non sono nulle per difetto di causa;
- al di fuori delle ipotesi di cliente appartenente alla categoria del consumatore, l’intermediario non è tenuto al preavviso della segnalazione presso la Centrale Rischi, segnalazione che presuppone una complessiva valutazione della situazione finanziaria del cliente, la cui situazione di “insolvenza” può essere tuttavia desunta da tutte le circostanze del caso concreto conosciute dall’intermediario, anche senza la formalizzazione di specifici adempimenti procedurali.