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Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione promosso dall’utilizzatrice (nel caso di specie una s.r.l.) e dal fideiussore (nel caso di specie una s.p.a.) avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale aveva loro ingiunto il pagamento in favore di una banca della somma dovuta a titolo di canoni scaduti e interessi di mora risultanti dall’estratto conto del rapporto contrattuale (i.e. contratto di leasing immobiliare), risolto dalla concedente per inadempimento dell’utilizzatrice, giusta clausola risolutiva espressa.
In particolare, gli opponenti eccepivano: i) la carenza di prova scritta del credito, anche alla luce delle disposizioni dell’art. 1, comma 137, L. 124/2017; ii) la condotta della concedente contraria a buona fede, stante la repentina interruzione delle trattative avviate; iii) la violazione della L. 108/96, poiché il TAEG applicato al leasing risulterebbe notevolmente superiore rispetto al tasso soglia; iv) la nullità della fideiussione ex art. 2 della L. 287/90, per conformità allo schema elaborato dall’ABI nel 2003.
In materia di rapporti di leasing vige la regola di riparto dell’onere della prova generalmente applicabile alla responsabilità contrattuale, con la conseguenza che compete al creditore l’onere di allegare il titolo e l’altrui inadempimento e al debitore l’onere di provare la corretta esecuzione dell’obbligazione di pagamento (principalmente) dei canoni periodici, nel caso di finanziamento che presenta un piano di ammortamento predefinito. Pertanto, la parte che agisce a titolo di indebito oggettivo ha l’onere di allegare e provare i fatti a fondamento della propria pretesa. Ebbene, tale onere non può ritenersi assolto mediante un mero rinvio alla perizia di parte, non essendo evidentemente il giudice tenuto a ricercare all’interno della documentazione versata in atti quegli elementi in fatto che spetta unicamente alla parte interessata introdurre in giudizio, ritualmente e tempestivamente, all’interno dell’atto difensivo (conf. Trib. Brescia, ord. 10.2.2020).
In materia di leasing resta impregiudicata la facoltà per l’utilizzatore, nell’ipotesi (invero improbabile) in cui il valore residuo dell’immobile superi l’importo spettante al concedente in forza della clausola penale, di agire in un autonomo giudizio ai fini della restituzione della differenza (conf. Trib. Brescia, 9.7.2021). Difatti, soltanto nel relativo giudizio il ricavato della vendita del bene potrà costituire un controcredito da opporre in compensazione.
Il Tribunale rigettava l’opposizione.