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Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nell’ambito di un giudizio di risarcimento del danno promosso nei confronti del datore di lavoro da un dipendente che aveva subito un infortunio mentre utilizzava un trapano presente nel reparto produttivo all’interno del quale operava. La mansione che il lavoratore stava eseguendo al momento dell’infortunio non corrispondeva con le mansioni per le quali lo stesso era stato formalmente assunto e per le quali aveva ricevuto una formazione ai fini della sicurezza sul lavoro. In corso di giudizio veniva appurato che l’infortunio era dipeso da un uso del macchinario non idoneo a garantire la sicurezza dell’operatore e che il ricorrente non avesse ricevuto alcuna formazione rispetto al corretto utilizzo di tale strumentazione. Si specificava, inoltre, che il ricorrente, nonostante l’uso del trapano non rientrasse tra le sue mansioni, avesse in passato già utilizzato quel macchinario e che il giorno dell’evento dannoso lo avesse utilizzato di sua iniziativa per terminare l’attività di un altro lavoratore. Veniva accertato, quindi, che la società avesse approvato che il dipendente svolgesse mansioni diverse da quelle per le quali era stato formato, o comunque avesse omesso del tutto ogni forma di sorveglianza sui propri dipendenti ai fini di prevenzione e sicurezza. Tale cautela sarebbe risultata necessaria al fine di impedire che il lavoratore potesse utilizzare abitualmente un macchinario per cui non aveva ricevuto alcuna formazione.
In materia di infortuni sul lavoro, qualora il lavoratore fornisca prova in giudizio dell'esistenza del danno, della nocività dell'ambiente di lavoro e della sussistenza del nesso causale fra questi due elementi, mentre il datore di lavoro non dimostrati di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno, parte datoriale dev’essere dichiarata responsabile dei danni patiti dall’infortunato ai sensi dell’art. 2087 c.c.
Solo l'effettiva interruzione del nesso di causalità tra l’infortunio e un comportamento colpevole dell'imprenditore esclude la responsabilità di quest’ultimo, non risultando parimenti sufficiente ad interrompere il nesso un semplice concorso di colpa del lavoratore, per condotta negligente o imprudente dello stesso, occorrendo un comportamento abnorme, anomalo, esorbitante dal normale procedimento lavorativo ed assolutamente imprevedibile, tenuto dal lavoratore in aperto spregio delle procedure lavorative e delle disposizioni impartite dal datore di lavoro (circostanza non riscontrata nel caso di specie, essendosi il ricorrente – neoassunto ed inesperto - infortunato utilizzando un macchinario che era solito usare durante l’orario di lavoro e non per scopi estranei ad esso).
Considerato che, nella fattispecie di un infortunio sul lavoro in cui si ravvisa un’omissione colposa del datore di lavoro, risulta leso un bene costituzionalmente garantito, quale è il diritto alla salute, e che il fatto integra reato – tenuto conto della rilevanza penalistica dell’art. 2087 c.c. -, deve ritenersi ammissibile il risarcimento del danno non patrimoniale, per la liquidazione del quale si ritiene di fare riferimento alle Tabelle del Tribunale di Milano predisposte per l’anno 2018.
Avendo il lavoratore già percepito dall'INAIL delle indennità di natura previdenziale, a copertura del danno non patrimoniale e patrimoniale, non pienamente satisfattive del diritto al risarcimento del danno civilsticamente inteso, il datore di lavoro, quale soggetto responsabile, dev’essere condannato a corrispondere al lavoratore infortunato il c.d. danno differenziale ossia la parte di risarcimento che eccede l’importo dell’indennizzo coperto dall’assicurazione obbligatoria.
Il Tribunale ha accolto il ricorso del lavoratore, dichiarando il datore di lavoro responsabile dei danni patiti dall’infortunato ai sensi dell’art. 2087 c.c. e condannando il medesimo a risarcire il lavoratore del danno differenziale.