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Corte di Appello di Brescia
Nel caso di specie la direttrice generale di una Parrocchia, nonché della casa di riposo e dell’hospice gestiti da detto ente ecclesiastico, era stata licenziata a seguito di un radicale riassetto organizzativo imposto dall’andamento negativo dell’attività e nell’impossibilità di assegnare la dipendente a mansioni diverse.
Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento di cui all’art. 3, l. n. 604/1966 può consistere anche nella semplice esigenza di una riorganizzazione del lavoro che non deve essere necessariamente connessa a situazioni di crisi, potendo anche solo derivare dall’affidamento a terzi del lavoro svolto dal dipendente licenziato o alla ridistribuzione di tale lavoro tra gli altri dipendenti in funzione di un’apprezzabile riduzione dei costi. In ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda, sussiste il giustificato motivo oggettivo di licenziamento a condizione che si tratti di assetti non pretestuosi e strumentali in quanto diretti a fronteggiare situazioni sfavorevoli, non contingenti, che influiscano decisamente sulla normale attività produttiva (conf. Cass. n. 3030/1999). La scelta dell’imprenditore, anche ai sensi dell’art. 41 Cost., è, comunque, insindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità senza che la necessaria verifica dell’effettività di tale scelta comporti un’indagine in ordine ai margini di convenienza e di onerosità di costi connessi al sistema organizzativo modificato dall’imprenditore (conf. Cass. nn. 6222/98, n. 22535/2008). L’imprenditore è gravato dall’onere di provare il giustificato motivo oggettivo addotto a fondamento del licenziamento che deve essere oggettivamente verificabile, ossia non pretestuoso; mentre, per quanto riguarda l’assolvimento dell’onere di “ripescaggio”, il datore di lavoro deve dimostrare, prescindendo da un rigido e prefissato schema di prova e mediante idonei fatti positivi, che non vi fossero altri posti di analogo livello o che i residui posti di lavoro al tempo del licenziamento fossero stabilmente occupati da altri lavoratori, presso tutte le sedi dell’attività aziendale, salvo il caso di preliminare rifiuto del lavoratore di trasferirsi altrove. Non è onere del datore, pertanto, la creazione nell’ambito della propria struttura un posto di lavoro ad hoc non presente nel proprio organigramma (conf. Cass. n. 5963/2913).
Il Collegio ha rigettato il ricorso.