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Corte di Appello di Brescia
Principi espressi a seguito dell’impugnazione della sentenza del Tribunale, al fine di vedere dichiarata la nullità del contatto di leasing per usurarietà del tasso di interesse.
Gli interessi moratori non hanno natura remunerativa, bensì risarcitoria, in quanto la loro funzione è quella di tenere indenne la controparte dal danno causato dal ritardo nel proprio adempimento. Essi sono assoggettabili alla disciplina dell’usura e anche la sola pattuizione di interessi moratori usurari è sufficiente all’applicazione delle suddette norme.
La pattuizione contrattuale degli interessi moratori non può ritenersi usuraria se il criterio di calcolo applicato al fine di determinare il tasso soglia di tali interessi è corretto, in quanto applica la maggiorazione di 2,1 punti percentuali del TEGM riferito all’interesse corrispettivo.
Se viene accertata la natura usuraria degli interessi moratori, unica conseguenza è la debenza dei soli interessi corrispettivi e non l’azzeramento degli interessi dovuti.
Non sussiste indeterminatezza nelle condizioni del contratto di leasing laddove si riscontrano, nel testo contrattuale, l’indicazione del costo del bene finanziato, la durata del contratto, la periodicità, il numero e l’importo dei canoni a carico dell’utilizzatore, il tipo di tasso applicato e l’eventuale criterio di indicizzazione del tasso stesso.
È applicabile anche al leasing il principio espresso con riferimento ai mutui ad ammortamento, secondo il quale la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario - aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento - che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Sicché il fatto che nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di adempiervi in via differita nel tempo, non è sufficiente a mutarne la natura né ad eliminarne l’autonomia (si veda, in parte motiva, Cass. Civ., sez. I, 22 maggio 2014, n. 11400); di conseguenza, non si configura l’ipotesi di anatocismo.
È ritenuta legittima la stipulazione di un contratto di leasing “a tasso indicizzato”, in cui ciascun rateo è legato ad un parametro finanziario di riferimento pattuito dai contraenti ed inserito in una specifica clausola contrattuale di indicizzazione. Tale clausola non è però autonoma, essendo un elemento accessorio e non scindibile rispetto al contratto di cui fa parte, ragion per cui deve essere assoggettato alla medesima disciplina cui deve essere sottoposto il contratto nel suo complesso. Di conseguenza non può nemmeno ritenersi necessaria la stipulazione di un contratto-quadro, non essendo in presenza di alcuno strumento finanziario autonomo e a sé stante.
È da ritenersi valida la clausola risolutiva espressa laddove la sua operatività, prevista espressamente per il “mancato o ritardato adempimento, anche parziale, di uno degli obblighi assunti dall’Utilizzatore”, è specificata con l’esplicito richiamo delle varie fattispecie rilevanti: il profilo d’inadempimento è dunque delineato in modo puntuale e specifico.
La Corte d’Appello ha respinto l’appello.