Home > Diritto del lavoro > Licenziamenti > Licenziamento per giustificato motivo oggettivo > Licenziamento di lavoratori fungibili e libera iniziativa del datore di lavoro > Onere della prova

Tribunale di Brescia

Il Caso

Nel caso di specie il datore di lavoro, essendo tutte le posizioni equivalenti e tutti i lavoratori potenzialmente licenziabili, non poteva ricorrere, nella scelta del lavoratore da licenziare, né al normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere, in quanto non più necessaria, né al criterio dell’impossibilità di repechage. Il licenziamento veniva ritenuto illegittimo in quanto il datore di lavoro non aveva dimostrato di avere rispettato, nella scelta del lavoratore da licenziare, sia il divieto di atti discriminatori, sia le regole di correttezza e buona fede.

La Massima

Nell’ipotesi in cui il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si identifichi nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, il datore di lavoro non può ricorrere né al normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere, in quanto non più necessaria, né al criterio dell’impossibilità di repechage, in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili. La scelta del dipendente (o dei dipendenti) da licenziare non è totalmente libera per il datore di lavoro poiché egli deve rispettare sia il divieto di atti discriminatori sia le regole di correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.) cui deve essere informato ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e, quindi, anche il recesso di una di esse (conf. Cass. n. 16144/2001). A fronte della totale fungibilità tra i dipendenti, i criteri obiettivi in forza dei quali la scelta del datore di lavoro si conforma ai dettami di correttezza e buona fede sono, salvo diverso accordo sindacale, i medesimi dettati per i licenziamenti collettivi e, in via analogica, sono i carichi di famiglia e l’anzianità (conf. Cass. nn. 11124/2004, n. 13058/2003, n. 13058/2003, n. 16144/2001).

La Decisione

Il Tribunale, accogliendo il ricorso, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato alla ricorrente e ha condannato il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria.


Tribunale di Brescia
Sentenza del 29 novembre 2018, n. 915