Home > Diritto del lavoro > Licenziamenti > Licenziamento per giustificato motivo oggettivo > Riduzione dell'orario di lavoro per crisi aziendale > Onere della prova del datore di lavoro
Tribunale di Brescia
Nel caso di specie il dipendente assunto quale gerente di un’attività di ristorazione era stato licenziato a causa della forte crisi economica che aveva costretto ad una riorganizzazione aziendale con riduzione dell’orario di lavoro dei dipendenti. Il datore di lavoro, nonostante i tentativi di rilancio esperiti, a fronte della progressiva contrazione delle vendite e dell’impossibilità di accedere agli ammortizzatori sociali in deroga, constatava di non poter raggiungere un accordo con il dipendente che rifiutava la riduzione dell’orario di lavoro, vedendosi costretto ad inviare la lettera di recesso.
In ipotesi di giustificato motivo oggettivo, è onere del datore di lavoratore provare la sussistenza del giustificato motivo oggettivo di recesso e, quindi, fornire la prova dell’effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento nonché dell’esistenza del nesso di causalità tra le ragioni inerenti all’attività produttiva o l’organizzazione del lavoro ed il licenziamento della lavoratore e dell’impossibilità di impiegarlo in altri ruoli e mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale. È, invece, onere del lavoratore allegare le possibilità di reimpiego all’interno dei settori produttivi ancora attivi della società per consentirne al giudice la verifica (conf. Cass. n. 25201/2016). Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo l’andamento economico negativo dell’azienda può non costituire un presupposto fattuale che il datore di lavoro deve necessariamente provare ed il Giudice accertare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, tra le quali non si esclude quella diretta ad una migliore efficienza gestionale o ad un incremento della redditività dell'impresa, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa. Di conseguenza, nel caso di cambiamento dell’organizzazione lavorativa che implichi anche una riduzione della forza lavoro, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è affidato alla libera iniziativa imprenditoriale anche laddove è volta solo ad ottenere il migliore risultato economico. La valutazione in merito alla sussistenza del motivo oggettivo di licenziamento, determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva e della scelta dei criteri di gestione dell’impresa, è insindacabile dal Giudice essendo l’iniziativa economica una libertà tutelata dall’art. 41 Cost. Il Giudice potrà verificare la reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore attraverso un apprezzamento delle prove che è incensurabile in sede di legittimità se effettuato con motivazione coerente e completa (conf. Cass. n. 579/2013). Ai fini della determinazione in concreto della legittimità del recesso esercitato, non è sufficiente evocare nella lettera di licenziamento la soppressione del posto di lavoro ma occorre indicare la decisione organizzativa (oggettivamente verificabile) che a monte determina tale soppressione poiché è necessario che tale riassetto sia all’origine del licenziamento, anziché costituirne mero effetto di risulta (conf. Cass. n. 24502/11).
Il Tribunale ha rigettato l’impugnazione del licenziamento proposta dal lavoratore ritenendo espletato l’onere motivazionale prescritto ex lege da parte del datore di lavoro attraverso la specificazione della decisione organizzativa e del nesso di causalità fra la scelta imprenditoriale ed il licenziamento del lavoratore.