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Tribunale di Brescia

Il Caso

I principi sono stati espressi nel giudizio di impugnazione promosso da un lavoratore avverso il licenziamento per giusta causa intimatogli dal datore di lavoro a fronte della contestazione di una pluralità di condotte disciplinarmente rilevanti.
In particolare, con la lettera di licenziamento il datore di lavoro contestava al lavoratore di aver:
a) aggredito fisicamente e minacciato un proprio collega;
b) urlato e proferito ingiurie contro il proprio responsabile;
c) minacciato un testimone dell'aggressione;
d) in passato, di aver apostrofato alcuni colleghi con espressioni discriminatorie per motivi di orientamento sessuale e razza.
Alla contestazione faceva seguito licenziamento per giusta causa. Il lavoratore impugnava con ricorso il licenziamento sostenendo l'insussistenza del fatto contestato e, comunque, sostenendo che il fatto rientrava tra le condotte punibili con sanzione conservativa, con conseguente richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro e di condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni maturate e maturande dalla data del licenziamento, in applicazione delle tutele previste dall’art. 18 co. 4 St. lav. (così come modificato dalla L. 92/2012); in subordine, il ricorrente chiedeva l’applicazione della tutela prevista dall’art. 18 co. 5 St. lav. (così come modificato dalla L. 92/2012) che prevede, qualora venga accertato che non ricorrano gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento, il pagamento in favore del lavoratore di un’indennità omnicomprensiva tra un minimo di dodici ed un massimo di 24 mensilità e la dichiarazione della risoluzione del rapporto di lavoro.
L’istruttoria condotta in sede di giudizio non consentiva di accertare la sussistenza di tutte le condotte poste a fondamento degli addebiti disciplinari contestati dal datore di lavoro, in quanto le uniche circostanze confermate dalle dichiarazioni dei testimoni e dagli atti del verbale di intervento dei Carabinieri risultavano essere l'utilizzo da parte del lavoratore di toni di voce alterati nei confronti di un collega e l’insubordinazione nei confronti del proprio datore di lavoro.
Tenuto conto della genericità dei fatti addebitati al lavoratore e delle risultanze testimoniali emerse nell’ambito dell’istruttoria, il Tribunale accertava la sussistenza di una condotta tale da determinare la lesione del vincolo fiduciario per insubordinazione del lavoratore, non sufficientemente grave da escludere il riconoscimento in favore del lavoratore della tutela di cui all'art. 18 co. 5 della St. lav. (così come modificato dalla L. 92/2012), al quale veniva pertanto riconosciuta un’indennità risarcitoria, avuto riguardo dell'anzianità di servizio del lavoratore, all'effettivo disvalore della condotta considerata nella sua complessità, alle dimensioni aziendali e al numero di dipendenti occupati in azienda.

La Massima

In caso di licenziamento per giusta causa, anche in presenza di plurimi fatti addebitati, è onere del datore di lavoro provare la sussistenza delle condotte oggetto delle contestazioni disciplinari sotto il profilo oggettivo, soggettivo e della proporzionalità.
Secondo il più recente orientamento di legittimità, “Nel caso di licenziamento disciplinare intimato per una pluralità di distinti ed autonomi comportamenti, solo alcuni dei quali risultino dimostrati, la "insussistenza del fatto" si configura qualora possa escludersi la realizzazione di un nucleo minimo di condotte che siano astrattamente idonee a giustificare la sanzione espulsiva, o se si realizzi l'ipotesi dei fatti sussistenti ma privi del carattere di illiceità, ferma restando la necessità di operare, in ogni caso, una valutazione di proporzionalità tra la sanzione ed i comportamenti dimostrati; ne consegue che, nell'ipotesi di sproporzione tra sanzione e infrazione, va riconosciuta la tutela risarcitoria se la condotta dimostrata non coincida con alcuna delle fattispecie per le quali i contratti collettivi o i codici disciplinari applicabili prevedono una sanzione conservativa, ricadendo la proporzionalità tra le "altre ipotesi" di cui all'art. 18, comma 5, della l. n. 300 del 1970, come modificato dall'art. 1, comma 42, della l. n. 92 del 2012, per le quali è prevista la tutela indennitaria cd. forte.” (Cass. n. 31529/2019).
Ne consegue che nell’ipotesi in cui non sia dimostrata in giudizio l’insussistenza di ciascuna delle condotte disciplinarmente rilevanti contestate al lavoratore, ma solo alcune di esse astrattamente punibili con sanzioni conservative, il giudice dovrà applicare la tutela indennitaria forte di cui all’art. 18 co. 5 St. lav. (così come modificato dalla L. 92/2012) ricadendo la proporzionalità tra le “altre ipotesi” previste da detta disposizione.

La Decisione

Il Tribunale ha parzialmente accolto il ricorso, dichiarando risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e ha ritenuto applicabile la tutela prevista dall’art. 18 co. 5 St. lav. (così come modificato dalla L. 92/2012), riconoscendo al lavoratore un'indennità risarcitoria, avuto riguardo all'anzianità di servizio del lavoratore, all'effettivo disvalore della condotta considerata nella sua complessità, alle dimensioni aziendali e al numero di dipendenti occupati.


Tribunale di Brescia
N. R.G. 1937/2019