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Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione promosso dal lavoratore avverso l’ordinanza con cui il Tribunale aveva dichiarato la legittimità e la fondatezza del licenziamento intimatogli dal datore di lavoro.
Il lavoratore deduceva di essere stato licenziato dalla società datrice di lavoro, al momento della ripresa in servizio a seguito di un intervento chirurgico, per giustificato motivo oggettivo in considerazione dell’impossibilità alla prosecuzione del rapporto lavorativo in ragione delle prescrizioni impartite dal medico competente ed altresì in ragione delle dimensioni e dell’organizzazione dell’attività di impresa.
In particolare, il prestatore riteneva che il licenziamento intimato fosse illegittimo per insussistenza del giustificato motivo addotto, segnatamente, in considerazione dell’idoneità all’esecuzione della prestazione accertata (seppur con specifiche prescrizioni) ed altresì in ragione della violazione, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di adibire il dipendente a mansioni alternative, eventualmente anche inferiori, purché compatibili con lo stato di salute sopravvenuto.
Inoltre, l’opponente affermava che l’illegittimità del recesso datoriale dovesse indurre a supporre l’esistenza di un licenziamento discriminatorio o ritorsivo, posta anche la necessità di sostituire il lavoratore estromesso.
L’onere della prova del carattere ritorsivo del provvedimento datoriale grava sul lavoratore e può essere assolto con la dimostrazione di elementi specifici tali da far ritenere con sufficiente certezza l’intento di rappresaglia, il quale deve avere avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di un provvedimento illegittimo (cfr. Cass. n. 10047/2004; n. 7188/2001; Cass. sez. lav. n. 18283/2010). In tal senso, non può fondatamente sostenersi che una illegittimità del recesso datoriale possa di per sé far “supporre la presenza di un licenziamento discriminatorio / ritorsivo”, atteso che la sussistenza di un autonomo e determinante motivo illecito, rilevante ai sensi dell’art. 1345 c.c., deve in ogni caso essere oggetto di specifica allegazione e prova da parte del lavoratore licenziato.
Il Tribunale ha rigettato l’opposizione.