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Tribunale di Brescia
Principi espressi all’esito del giudizio promosso da una società a responsabilità limitata che chiedeva accertarsi l’usurarietà del tasso di interesse in relazione a due contratti di leasing, il primo mobiliare ed il secondo immobiliare, e di conseguenza dichiararsi la gratuità dei contratti in questione, con restituzione delle somme non dovute, o in subordine la rideterminazione dei tassi di interesse e la restituzione di quanto indebitamente incassato dalla società di leasing.
Secondo la sentenza delle Sezioni Unite n.19597/2020, anche gli interessi moratori possono avere natura usuraria e, tuttavia, l’autonomia della relativa pattuizione fa sì che l’eventuale nullità della stessa non si estenda a quella relativa agli interessi corrispettivi, qualora pattuiti in misura lecita.
Secondo la medesima sentenza delle Sezioni Unite n. 19597/2020, sussiste l’interesse dell’utilizzatore ad agire, anche in caso di svolgimento regolare del rapporto in corso, per vedere accertata la nullità di una clausola sugli interessi moratori “perché (cfr., fra le altre, Cass., 31 luglio 2015, n. 16262) l’interesse ad agire in un’azione di mero accertamento non implica necessariamente l’attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva”.
La previsione di risoluzione anticipata del contratto di leasing è da ricondurre alla disciplina della clausola penale, con la conseguenza che il rimedio applicabile nel caso di manifesta eccessività della penale pattuita non è quello della gratuità del contratto di cui all’art. 1815 c.c., bensì quello della reductio ad aequitatem della penale eccessiva contemplato dall’art 1384 c.c.
In caso di scostamento tra il tasso di leasing indicato e quello concretamente applicato, laddove gli interessi concretamente corrisposti dalla società utilizzatrice siano addirittura inferiori a quelli ricavabili in base al piano di ammortamento sulla base del tasso contrattuale, è da escludersi la indeterminatezza del tasso pattuito (in presenza di uno scostamento non significativo, ed anzi irrisorio) e la sussistenza di un diritto alla restituzione degli importi pagati in eccedenza (nel caso di specie, insussistenti).
La difformità tra il tasso di leasing ed il tasso effettivamente praticato può dipendere da diverse variabili: anche se detta difformità si risolve a vantaggio della banca, con un suo arricchimento di fatto, ciò non significa che vi sia stata applicazione di un tasso di interesse difforme dal tasso annuo nominale (né tantomeno viene in rilievo un fenomeno di anatocismo). Lo scostamento (di lieve entità) rilevato tra il tasso leasing indicato rispetto a quello effettivamente applicato assume pertanto natura fisiologica, poiché il primo si esprime su base annua indipendentemente dalla periodicità dei pagamenti previsti.
Dalla difformità tra il tasso di leasing ed il tasso effettivamente praticato non potrebbe mai derivare la nullità parziale del contratto ai sensi dell’art. 117 TUB, ma potrebbe, se del caso, ravvisarsi (in ipotesi di significativa difformità) responsabilità civile per inadempimento dell’obbligazione di trasparenza, ove l’utilizzatore alleghi e provi, ad esempio, che, qualora il tasso leasing fosse stato correttamente rappresentato, egli non avrebbe stipulato il contratto o lo avrebbe stipulato altrove a più favorevoli condizioni.
Non sussiste violazione delle norme in materia di trasparenza laddove il contratto di leasing evidenzi, in modo sufficientemente chiaro, le condizioni economiche applicate al finanziamento, quali ad esempio: la durata dell’operazione, il corrispettivo globale della locazione finanziaria, il numero e l’ammontare dei canoni, la periodicità e la decorrenza, il prezzo per l’eventuale acquisto alla scadenza del contratto, il parametro di indicizzazione, il tasso degli interessi di mora, il tasso interno di attualizzazione e le singole spese.
Il Tribunale ha respinto la domanda.