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Tribunale di Brescia
Principi espressi in ipotesi di rigetto dell’azione di responsabilità sociale promossa dalla società, poi dichiarata fallita in corso causa, nei confronti degli amministratori in carica all’epoca dei fatti, i quali avrebbero concluso, asseritamente in violazione dei doveri propri di amministratori, una operazione di acquisizione di partecipazioni di una società, la quale è risultata economicamente pregiudizievole per la società acquirente avendo registrato la società acquisita un notevole decremento del proprio fatturato sin dall’anno successivo all’operazione.
Nel caso di specie, l’attore lamentava che:
i) gli amministratori avrebbero concluso tale operazione con una società riconducibile ad uno degli amministratori del proprio consiglio di amministrazione, pertanto in presenza di un evidente conflitto di interessi, ad un prezzo di molto superiore rispetto al reale valore della società;
ii) la mancata attivazione degli obblighi di indennizzo previsti nel contratto di cessione della quota di partecipazione a fronte della incorrettezza delle dichiarazioni e garanzie rilasciate dalla società venditrice.
Ai fini della valutazione della competenza del tribunale correttamente adito secondo i criteri di competenza di cui al d.lgs. 168/2003, in difetto di espressa previsione legislativa, la chiamata in garanzia di un soggetto avente personalità giuridica di diritto straniero non può determinare l’incompetenza sopravvenuta, né con riferimento alla causa di garanzia, ove la chiamata del terzo sia stata autorizzata dal giudice al fine di realizzare il simultaneus processus, né tantomeno in relazione alla causa principale, rispetto alla quale la società straniera non è neppure parte (conf. Trib. Bologna, 7 marzo 2018, Trib. Brescia, ord. 16.2.2019).
La responsabilità dell’organo di amministrazione nell’ambito di una operazione di acquisizione societaria che si è rilevata successivamente economicamente sfavorevole non può essere ravvisata per il solo fatto che esso non ha abbandonato l’operazione, ma deve essere valutata alla luce delle modalità con le quali sono stati gestiti i rischi emersi dalle analisi di due diligence, dovendosi ricordare che l’attività di impresa presenta rischi intrinseci che non possono essere del tutto azzerati e certi settori, come quelli ad elevata vocazione tecnologica (caratteristica che connotava l’attività della società in esame) risultano naturalmente più rischiosi di altri. (Nel caso di specie, il collegio ha valutato favorevolmente la scelta dell’organo di amministrazione di strutturare diversamente l’operazione a fronte dei profili di attenzione segnalati nel report della due diligence optando per una soluzione che fornisse ulteriori elementi informativi idonei a supportare la congruità del valore economico dell’operazione concordata tra le parti).
In presenza di situazioni di conflitto di interessi in capo ad alcuni amministratori tali da far ritenere il principio della business judgment rule non pienamente applicabile all’operazione, l’adozione di una serie di misure “rafforzate”, procedurali e di governance, possono essere idonee a sterilizzare i rischi associati alla stessa. (Nel caso di specie, il collegio ha ritenuto che l’adozione di misure rafforzate quali: l’affidamento ad un professionista indipendente del compito di accertare la congruità del prezzo dell’operazione dal punto di vista dell’acquirente, la costituzione di un comitato ristretto composto da consiglieri disinteressati, il coinvolgimento del collegio sindacale e il mancato voto in consiglio da parte degli amministratori portatori di interessi in conflitto, siano state idonee a sterilizzare i rischi connessi alla presenza situazioni di conflitto di interesse che riguardavano l’operazione in questione).
La mancata attivazione della clausola contrattuale di indennizzo da parte degli amministratori previsto nel contratto di acquisizione della quota di partecipazione rappresenta una perdita di chance, impendendo alla società la chance di ottenere ristoro del pregiudizio subito, in via amichevole o a seguito di contenzioso. In questa ipotesi, le valutazioni in punto di nesso eziologico impongono di ritenere sussistente il danno - in conseguenza dell’omissione - solo qualora l’applicazione di criteri probabilistici porti ad accertare che, in mancanza dell’omissione stessa, il risultato vittorioso sperato sarebbe stato ottenuto (conf. Cass. n.22026/04, Cass. n. 10966/04, Cass. n. 21894/04, Cass. n. 6967/06, Cass. n. 9917/2010).
La prova della sussistenza del nesso eziologico e del danno è a carico del soggetto danneggiato, sul quale in riferimento alla consistenza della chance incombe l’onere di provare la sussistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (conf. Cass. n. 15385/2011).
Il Tribunale ha rigettato le domande attoree.