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Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nel giudizio promosso da una società a responsabilità limitata, posta in liquidazione, nei confronti dell’ex presidente del consiglio di amministrazione e successivamente, in tesi, amministratore di fatto, ai fini dell’accertamento della responsabilità di quest’ultimo, anche in via extracontrattuale, per i danni patiti dalla società in seguito al compimento di atti sociali in conflitto d’interesse. Al riguardo, la società contestava all’ex presidente del consiglio di amministrazione l’attuazione di “un disegno unitario” volto a spogliare la società attrice dell’azienda, mediante la stipula di un contratto di affitto di azienda, a fronte di un canone irrisorio, in favore di altra società amministrata dallo stesso convenuto. Il predetto contratto, in particolare, veniva stipulato dalla società attrice in data posteriore alla cessazione del convenuto dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione e, dunque, in un’epoca in cui il convenuto avrebbe ricoperto la carica di amministratore di fatto. Il convenuto si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree e, in subordine, l’accertamento della responsabilità solidale dei soci della società attrice, nonché dell’amministratore succeduto nella carica.
In tema di responsabilità degli amministratori nei confronti della società, l’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto richiede un accertamento particolarmente rigoroso, in cui viene in rilievo la sistematica ingerenza di un soggetto, privo della carica formale, in decisioni di competenza dell’organo amministrativo, configurandosi quale amministratore di fatto la persona che benché priva della corrispondente investitura formale, risulta inserita nella gestione della società stessa, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, ove tale ingerenza, lungi dall’esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza (conf., ex multis, Cass. n. 4045/2016). In particolare, è qualificabile come amministratore di fatto il soggetto che, in assenza di una qualsivoglia investitura da parte dell’assemblea (sia pur irregolare o implicita), si sia ingerito nella gestione di una società in maniera sistematica e completa. La valutazione della sistematicità e della completezza deve essere fatta tenendo in considerazione le attività svolte dal soggetto nell’ambito dei rapporti interni (con i soci e/o gli amministratori) ed esterni (coi clienti e i collaboratori) alla società (conf. Trib. Torino, 05.03.2018). Alla luce di quanto sopra, l’onere di allegazione nella fattispecie deve investire puntualmente le circostanze dalle quali detta qualifica può essere desunta, con particolare riferimento al requisito della sistematicità dell’ingerenza esterna.
Il Tribunale, siccome infondate, ha rigettato le domande attoree.