Home > Diritto delle imprese > Società > Responsabilità dei componenti degli organi sociali > Società a responsabilità limitata > Responsabilità degli organi sociali > Azioni di responsabilità del curatore fallimentare
Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nell’ambito dell’azione di responsabilità esperita, ex art. 146 L. Fall., dal curatore fallimentare nei confronti dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale di una società di capitali in liquidazione. Il Fallimento ha imputato agli amministratori la responsabilità di plurime condotte di mala gestio attuate in difetto di alcun controllo o verifica da parte dei sindaci.
Gli amministratoti hanno contestato gli addebiti mossi nei loro confronti eccependo in particolare la prescrizione dell’azione promossa dal Fallimento il cui dies a quo doveva - secondo gli stessi - essere fatto retroagire all’iscrizione presso il Registro delle Imprese della messa in liquidazione della società, determinata dal verificarsi della riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale (causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, n. 4, c.c.), data dalla quale lo stato di insolvenza patrimoniale è stato reso conoscibile al pubblico dei creditori.
Gli amministratori hanno, altresì, opposto alla richiesta risarcitoria formulata dal Fallimento, l’avvenuta ammissione alla procedura di sovraindebitamento ex L. n. 3/2012 e la conseguente archiviazione del procedimento. Gli stessi hanno osservato come il Fallimento avesse partecipato al Piano in qualità di creditore allertato ed hanno eccepito che, l’eventuale intervenienda condanna di contenuto risarcitorio che il Tribunale avrebbe, se del caso, pronunciato, sarebbe stata coperta dall’ombrello esdebitatorio del Piano medesimo, secondo i dettami dell’art. 184 L. Fall.
I sindaci hanno, invece, resistito agli addebiti mossi nei loro confronti contestando la sussistenza di un nesso di causa tra le condotte omissive addebitate dal Fallimento ed i danni derivati dagli illeciti degli amministratori dedotti in atti.
È dirimente, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione – tanto nell’azione ex art. 2393 c.c. che in quella ex art. 2394 c.c. – il momento di oggettiva esteriorizzazione del danno all’integrità del patrimonio sociale all’esterno e non il momento in cui venga compiuto il singolo atto lesivo da parte del liquidatore. Peraltro, in ragione della onerosità della prova gravante sul curatore sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza del dies a quo di decorrenza della prescrizione con la dichiarazione di fallimento, ricadendo sul convenuto che eccepisca la prescrizione la prova contraria della preesistenza al fallimento dello stato di incapienza patrimoniale da fornirsi attraverso la deduzione di fatti sintomatici di assoluta certezza. (In senso conforme il Tribunale cita il proprio precedente a data 25 maggio 2021). (Ciò posto, il Tribunale condivide la tesi degli amministratori convenuti secondo cui il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità promossa nell’interesse dei creditori decorre dal giorno dell’iscrizione nel Registro delle Imprese dell’accertamento dell’avvenuta verificazione della causa di scioglimento di cui all’art. 2484, comma primo, n.4, c.c.).
In merito ai rapporti tra il giudizio di responsabilità ex art. 146 L. Fall. e l’accordo di composizione della crisi, a livello generale, va applicato il principio esposto dalla Corte di legittimità in punto di concordato preventivo (Cass. Civ. Sez. I 21 dicembre 2018, n. 33345), per cui “a causa della mancanza della fase del cosiddetto “accertamento del passivo”, il provvedimento di omologazione del concordato preventivo, per le particolari caratteristiche della procedura che a essa conduce, determina un vincolo definitivo sulla riduzione dei crediti, ma non comporta la formazione di un giudicato sull’esistenza, entità e rango (privilegiato o chirografario) di questi ultimi, né sugli altri diritti implicati nella procedura stessa, presupponendone un accertamento non giurisdizionale, ma meramente amministrativo, di carattere delibativo e volto al solo scopo di consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’approvazione della proposta, sicché non esclude la possibilità di far accertare per via ordinaria, nei confronti dell’impresa in concordato, il proprio credito e il privilegio che lo assiste”. (Alla luce di ciò, il Tribunale non ha ritenuto sussistenti elementi ostativi all’emissione di una sentenza di accertamento e di condanna nei confronti degli amministratori).
In ossequio a quanto affermato dalla Suprema Corte nella sentenza 11 dicembre 2020, n. 28357 “L’accertamento della responsabilità del sindaco per omessa vigilanza sull’operato degli amministratori di società di capitali richiede, non solo la prova dell’inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo e del danno conseguente alla condotta dell’amministratore, ma anche che l’attore dimostri il nesso causale tra inerzia e danno, poiché l’omessa vigilanza rileva solo quando l’attivazione del controllo avrebbe ragionevolmente evitato o limitato il pregiudizio”. (In senso conforme il Tribunale cita altresì Cass. Civ., Sez. I, 6 settembre 2021, n. 24045). (Ciò posto, il Tribunale ha osservato come, nel caso concreto, l’eventuale adozione di comportamenti ritenuti dal Fallimento come doverosi non sarebbe valsa a rimuovere, né a mitigare, le conseguenze negative degli illeciti imputati agli amministratori, sulla base di un giudizio necessariamente probabilistico).
Il Tribunale, accertata la responsabilità degli amministratori, li condanna al risarcimento, nei confronti del Fallimento, del danno accertato in corso di causa determinato tenendo conto, inter alia, del dies a quo da cui decorre il periodo prescrizionale, e, al contempo, rigetta le domande risarcitorie formulate nei confronti dei sindaci.