Home > Diritto del lavoro > Licenziamenti > Licenziamento per giustificato motivo oggettivo > Crisi aziendale
Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nel giudizio promosso da una lavoratrice nei confronti della società datrice di lavoro, dolendosi della illegittimità del licenziamento intimatole per giustificato motivo oggettivo.
Nel dettaglio, la lavoratrice esponeva di avere ricevuto dalla società datrice di lavoro una proposta di riduzione dell’orario lavorativo nella misura del 50%, motivata da problemi finanziari e da un calo di commesse nell’ultimo periodo di tempo. La prestatrice rappresentava di avere rifiutato la trasformazione del contratto in un rapporto lavorativo part-time e deduceva di essersi al contempo lamentata di una progressiva sottrazione di mansioni in favore di un altro dipendente.
La lavoratrice allegava poi di essere stata licenziata, con effetto immediato, sulla base di ragioni inerenti ad una crisi aziendale determinata da mancanza di lavoro e da gravi problemi economici e finanziari.
In particolare, la ricorrente riteneva che il licenziamento intimatole fosse stato determinato esclusivamente dal rifiuto dalla stessa opposto con riferimento alla trasformazione del contratto in un rapporto di lavoro part-time e invocava l’illegittimità, la nullità o l’annullabilità del recesso datoriale, escludendo la ricorrenza dei presupposti di un giustificato motivo oggettivo e contestando l’esistenza delle ragioni economiche addotte dalla società, nonché la violazione dei criteri di scelta del personale da licenziare.
In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo «l’obiettivo perseguito dall’imprenditore, sia esso una migliore efficienza, un incremento della produttività - e quindi del profitto - ovvero la necessità di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese straordinarie, è indipendente dalla sussistenza del giustificato motivo oggettivo che si sostanzia in ogni modifica della struttura organizzativa dell'impresa che abbia quale suo effetto la soppressione di una determinata posizione lavorativa, a meno che esso obiettivo, posto esclusivamente a base della causale addotta come causa diretta del recesso, risulti pretestuoso e carente di veridicità» (cfr. Cass., sez. lav., 14.2.2020, n. 3819).
D’altra parte «l’andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell'asseto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa; ove, però, il recesso sia motivato dall'esigenza di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese di carattere straordinario, ed in giudizio se ne accerti, in concreto, l'inesistenza, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità e la pretestuosità della causale addotta» (Cass., sez. lav., 7.12.2016, n. 25201).
Il datore di lavoro che licenzi il lavoratore che rifiuta la riduzione di orario ha l’onere di dimostrare che sussistono effettive esigenze economico-organizzative in base alle quali la prestazione non può essere mantenuta a tempo pieno, ma solo con l’orario ridotto, nonché il nesso causale tra queste e il licenziamento, dovendosi considerare anche le esigenze organizzative del datore di lavoro, purché l’iniziativa datoriale sia sorretta da serie ragioni organizzative e gestionali e sia attuata nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede (cfr. Cass., sez. lav., 27.10.2015, n. 21875).
Il Tribunale ha rigettato il ricorso.