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Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nel giudizio di impugnazione promosso da una lavoratrice avverso il licenziamento per giusta causa intimatogli dal datore di lavoro.
Nel dettaglio, la lavoratrice esponeva di essere stata assunta alle dipendenze della società convenuta nella mansione di cassiera e di avere ricevuto una prima contestazione disciplinare con l’addebito di essere stata sorpresa a fare talune compere personali durante il turno lavorativo, venendo sanzionata con la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per sette giorni.
La prestatrice affermava di essere stata in seguito raggiunta da un’ulteriore contestazione disciplinare, con l’addebito di non avere dichiarato l’acquisto di alcuni prodotti di modico valore. La dipendente rappresentava che, nonostante le giustificazioni offerte, il datore di lavoro aveva ritenuto di irrogare la sanzione del licenziamento con effetto immediato, ai sensi dell’art. 2119 c.c. e del CCNL di settore.
Tanto premesso, la lavoratrice contestava la ricostruzione operata dalla società datrice di lavoro, negando la sussistenza delle condotte addebitatele; con specifico riferimento al primo episodio, la ricorrente affermava di essere stata colta dal direttore e da una collega mentre, pochi minuti prima del termine del turno, stava riportando una anguria nella corsia di competenza e, solo per curiosità, si era soffermata a verificare il prezzo del prodotto; con riguardo poi al secondo episodio, la lavoratrice sosteneva di avere inserito quattro articoli per la cura del corpo nella propria borsa al fine di distinguere la spesa riposta nel carrello da quella destinata alla figlia, avvedendosi del mancato pagamento di tali prodotti solo una volta completato l’acquisto degli altri beni, allorquando era tuttavia intervenuto l’operatore addetto all’antitaccheggio che aveva impedito di sanare la dimenticanza già manifestata alla collega addetta alla cassa.
In considerazione di tutto ciò, la prestatrice riteneva che i fatti contestati fossero insussistenti o, perlomeno, privi di rilevanza disciplinare, affermando in particolare che l’accusa di furto non trovasse corrispondenza in una condotta dolosa.
La sottrazione di beni di proprietà aziendale è circostanza idonea a rescindere in maniera irreversibile il vincolo di fiducia sotteso al rapporto lavorativo tra le parti, secondo i criteri posti in termini generali dalla legge ai sensi dell’art. 2119 c.c.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso.