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Corte di Appello di Brescia
La decisione è stata resa a seguito del giudizio di appello promosso da una società in nome collettivo avverso la sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda volta a far dichiarare l’illegittimità delle poste passive a favore dell’istituto di credito, nonché l’usurarietà del tasso di interesse, con conseguente condanna dell’istituto medesimo alla restituzione delle somme indebitamente addebitate o riscosse.
L’annotazione in conto di una posta di interessi illegittimamente addebitati dalla banca al correntista comporta un incremento del debito di quest’ultimo, o una riduzione del credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria nei termini sopra indicati in favore della banca; con la conseguenza che il correntista potrà agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell’addebito si basa, ma non potrà agire per la ripetizione di un pagamento che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all’atto della chiusura del conto (in termini Cass. n. 798/2013 e Cass., S.U., n. 2448/2010).
Pertanto, a conto aperto, ovvero in presenza di un saldo negativo di conto corrente chiuso, la pretesa restitutoria del correntista può trovare accoglimento soltanto ove lo stesso indichi di quali rimesse chiede la restituzione ed in relazione a quali presupposti alle stesse dovrebbe essere attribuita natura solutoria e non ripristinatoria, in relazione ad un conto corrente su cui è incontestato abbiano operato delle aperture di credito.
La Corte d’appello ha rigettato la domanda dell’appellante.