Home > Diritto del lavoro > Contributi > Indennità di malattia > Condanna del datore di lavoro > Termine di prescrizione per far valere il diritto nei confronti dell’INPS
Corte di Appello di Brescia
Il principio è stato espresso in ipotesi di ricorso in appello promosso dal lavoratore avverso la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato prescritto il diritto di quest’ultimo alla corresponsione dell’indennità di malattia nei confronti dell’INPS.
A fondamento della predetta decisione, il Tribunale, dopo aver precisato che ai sensi dell’art.1 del d.l. 663/1979 (conv. nella l. 33/1980) l’INPS era l’unico soggetto obbligato ad erogare l’indennità di malattia (mentre il datore di lavoro era tenuto unicamente ad anticiparla), ha ritenuto che nella specie si fosse perfezionata la prescrizione breve di un anno, di cui all’art. 6 della l. 138/1943.
Al riguardo, l’appellante adduceva l’erroneità della tesi sostenuta dal giudice di primo grado, non avendo lo stesso considerato che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2953 e 2909 c.c., il termine di prescrizione del diritto nei confronti dell’INPS fosse divenuto decennale con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna del datore di lavoro, pronunciata all’esito del giudizio in cui l’INPS risultava regolarmente costituito.
La regola di cui all’art. 2909 c.c., secondo cui l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra tutte le parti del giudizio (oltre che nei confronti dei loro eredi o aventi causa), non può valere per la pronuncia di condanna, la quale non può che riguardare la parte del giudizio destinataria della stessa. Da ciò deriva che l’obbligo di erogazione anticipata dell’indennità di malattia che fa capo al datore di lavoro (e avente quale unico contenuto quello di anticipare la prestazione) e l’obbligo che fa capo all’INPS, reale debitore, sono assolutamente distinti, con la conseguenza che il loro adempimento non può che essere preteso da ogni rispettivo obbligato. Corollario di questo principio è che la sentenza di condanna emessa nei confronti di un solo obbligato non può estendere i suoi effetti (di condanna) nei confronti dell’altro obbligato.
La Corte d’Appello ha respinto l’appello.