Home > Diritto delle imprese > Società > Invalidità (nullità e annullabilità) delle deliberazioni sociali > Società semplice > Impugnazione della decisione di trasformazione > Invalidità dell’atto di trasformazione
Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nel giudizio promosso con atto di citazione dai soci di minoranza di una società in accomandita semplice con cui impugnavano la decisione adottata dai soci di maggioranza di trasformazione della società medesima da s.a.s. in s.r.l. e di nomina ad amministratore unico di uno dei soci della società, con voto unanime dei presenti. Gli attori precisavano di non avere presenziato alle deliberazioni oggetto di impugnazione e, quanto alle censure poste a fondamento della impugnazione medesima, contestavano:
a) l’invalidità delle delibere impugnate per “mancanza assoluta di informazione” e vizi di convocazione, lamentando la mancata ricezione dell’avviso di convocazione nel termine di legge e “senza il rispetto dei 10 giorni previsto dallo statuto”, la convocazione da parte di soggetti “privi del potere di convocazione dell’assemblea in quanto soggetti non amministratori” e la mancata condivisione preventiva della perizia di stima ex art. 2500-ter c.c. “nonostante le richieste in tal senso” della minoranza;
b) l’annullabilità delle delibere a causa della sussistenza (i) di un “conflitto di interessi per interesse personale extrasociale ex art. 2373 c.c.” in capo al nuovo amministratore della società e agli altri soci di maggioranza, nonché (ii) dell’abuso posto in essere dalla maggioranza ai danni della minoranza, affermando che l’operazione, inutile e costosa, sarebbe stata ideata ed eseguita al solo fine di esautorare il precedente amministratore della s.a.s. e affidare la gestione della s.r.l. al socio in conflitto di interesse, nominato nuovo amministratore;
c) l’illiceità delle delibere per contrarietà a norme imperative “alla luce dei dati contabili posti alla base dell’assemblea” con cui i soci hanno successivamente approvato il bilancio di esercizio e deliberato la ricapitalizzazione della società, considerata la difformità dei valori di cui alla perizia di stima ex art. 2500-ter c.c. rispetto ai valori patrimoniali recepiti in bilancio, con la conseguenza che “occorrerà verificare a mezzo di c.t.u. se alla data di efficacia della trasformazione esistevano i presupposti di legge (art. 2500-ter c.c.) per procedere con la trasformazione”.
Dichiarata la nullità ovvero pronunciato l’annullamento delle delibere oggetto di impugnazione, gli attori domandavano il risarcimento dei danni conseguenti alle delibere.
La società si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree. Si costituivano in giudizio altresì i soci di maggioranza spiegando intervento adesivo dipendente in favore della società, la cui ammissibilità veniva contestata dagli attori.
Il socio (di una società di capitali) che abbia partecipato, con voto determinante, all’adozione di una deliberazione assembleare poi impugnata da un altro socio è portatore di un interesse ad intervenire in giudizio per appoggiare le ragioni della società al fine di evitare che siano posti nel nulla gli effetti di un atto alla cui formazione egli ha contribuito (e che deve, pertanto, presumersi conforme alle sue scelte), interesse non già di mero fatto, bensì giuridicamente qualificato dalla condizione stessa di socio, il quale, per un verso, è titolare di diritti partecipativi che lo abilitano (nei limiti proporzionali della sua quota) ad influenzare secondo i propri intenti il processo decisionale dell’assemblea, e, per altro verso, è sì vincolato alle deliberazioni da quest’ultima adottate, ma sul presupposto che dette delibere (se prese nel rispetto della legge e dello statuto) vincolino allo stesso modo anche gli altri soci (conf. Cass. n. 4929/2003).
Con riferimento alle società di persone, salvo quanto diversamente previsto dallo statuto, non trova applicazione la disciplina legale in materia di metodo assembleare, tipica delle società di capitali, dovendosi fare riferimento ai principi generali sugli atti negoziali plurilaterali. Al riguardo, l’eventuale censura della decisione dei soci fondata sull’identità del soggetto che ha curato l’invio ai soci degli “avvisi di convocazione” non può trovare accoglimento, trattandosi di comunicazione non prescritta dalla legge.
In tema di impugnazione della deliberazione di trasformazione della società, il disposto dell’art. 2500-bis c.c. (“eseguita la pubblicità di cui all’art. 2550 c.c., l’invalidità dell’atto di trasformazione non può più essere pronunciata”) osta all’accoglimento di ogni domanda tesa alla dichiarazione di nullità ovvero all’annullamento dell’atto di trasformazione oggetto dell’impugnazione medesima, i cui effetti sono da ritenersi irreversibili una volta che siano stati pacificamente eseguiti gli adempimenti pubblicitari previsti dalla disciplina in materia di trasformazione di società.
In ipotesi di impugnazione della deliberazione di trasformazione della società fondata sulla mancata condivisione con i soci di minoranza della perizia di stima ex art. 2500-ter c.c., tale impugnazione non può trovare accoglimento non sussistendo alcun obbligo di informazione preventiva in favore dei soci finalizzato all’assunzione della decisione.
In ipotesi di impugnazione della deliberazione di trasformazione della società fondata sulla pretesa nullità dell’atto di trasformazione per la violazione di norme imperative derivante dalla difformità dei valori della perizia di stima ex art. 2500-ter c.c. rispetto ai valori patrimoniali recepiti in bilancio, la domanda non può trovare accoglimento attesa la manifesta diversità di funzioni e tenuto conto della considerazione per cui si tratta di documenti sottoposti a criteri di redazione distinti.
Il socio che esprime voto favorevole alla propria nomina come amministratore non versa per ciò solo in una situazione di conflitto di interesse con la società rilevante ai fini dell’art. 2373 c.c.
In tema di deliberazioni di nomina (o revoca) dei componenti dell’organo amministrativo, deve rilevarsi che: a) ciascun socio è libero di nominare amministratori di propria fiducia e gradimento, senza che ciò comporti, di regola, il perseguimento di un interesse “personale antitetico a quello sociale”; b) gli amministratori nominati dall’assemblea della società debbono, a loro volta, adempiere il loro mandato nel rispetto di precisi obblighi e responsabilità stabiliti nell’interesse della società amministrata. (conf. Trib. Brescia, 9 aprile 2008). Da ciò ne consegue che tali deliberazioni possono ritenersi viziate per abuso della regola di maggioranza solo in casi del tutto particolari (si pensi, esemplarmente, al caso di nomina di un amministratore del tutto privo delle necessarie conoscenze tecniche, ispirata al fine di avvantaggiare una impresa concorrente alla quale è interessato il socio di maggioranza, o di un amministratore in palese e insuperabile conflitto di interesse con la società, sempre al fine di perseguire un interesse extra sociale della maggioranza), essendo la nomina delle persone cui affidare l’amministrazione naturalmente rimessa alla volontà della maggioranza, trattandosi di scelta che poggia tipicamente sull’elemento fiduciario.
Il Tribunale ha rigettato le domande attoree.