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Corte di Appello di Brescia
Il principio è stato espresso in ipotesi di reclamo ex art. 1, comma 58, l. 92/2012, c.d. “Legge Fornero”, promosso dal lavoratore avverso la sentenza del Tribunale che aveva accolto l’opposizione del datore di lavoro contro l’ordinanza che aveva annullato il licenziamento disciplinare intimato dal datore di lavoro, preso atto del mancato assolvimento da parte di quest’ultimo dell’onere di provare la sussistenza del fatto contestato.
A fondamento della decisione di accoglimento dell’opposizione, il Tribunale aveva ritenuto provata la condotta di rilievo disciplinare addebitata alla dipendente, ossia l’avere sottratto beni aziendali, e ha altresì ritenuto trattarsi di una condotta di gravità tale da legittimare l’applicazione della massima sanzione disciplinare.
Il licenziamento, costituendo la più grave delle sanzioni applicabili al lavoratore, in tanto può essere considerato legittimo in quanto la mancanza, di cui il dipendente si è reso responsabile, rivesta una gravità tale che qualsiasi altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro, per essere irrimediabilmente venuto meno l’elemento fiduciario che costituisce il presupposto fondamentale della collaborazione tra le parti del rapporto di lavoro. In particolare, la sottrazione di beni aziendali ai danni del datore di lavoro costituisce una condotta idonea alla radicale rescissione del vincolo fiduciario.
La Corte d’Appello ha respinto il reclamo.