Home > Diritto del lavoro > Licenziamenti > Licenziamento per giustificato motivo oggettivo > Esubero del personale > Criteri di selezione del lavoratore da licenziare

Corte di Appello di Brescia

Il Caso

Principi espressi nell’ambito del giudizio di appello promosso dal datore di lavoro che riteneva legittimi i licenziamenti intimati ai sensi della l. 223/91, sia in quanto conseguenti ad accordi sindacali, sia ritenendo provate le esigenze aziendali alla base dei licenziamenti.

La Massima

In materia di licenziamento per riduzione del personale ai sensi della l. 223/91, il rispetto delle regole di cui all’art. 4 e ss. realizza lo scopo di procedimentalizzare il potere di recesso del datore di lavoro, il quale è tenuto non più a mere consultazioni, ma a svolgere una vera e propria trattativa con i sindacati secondo il canone della buona fede - cfr. ex multis Cass. 18177/2009 e anche 168/2009 -; cosicché il lavoratore licenziato è abilitato a far valere l’inesistenza del potere di recesso per violazione delle regole della procedura (inefficacia del negozio risolutivo), ovvero la lesione del diritto ad una scelta imparziale per violazione dei criteri stabiliti dalla legge o dall’accordo sindacale.

La determinazione negoziale dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare (che può tradursi in un accordo sindacale), poiché adempie ad una funzione regolamentare delegata dalla legge, deve rispettare non solo il principio di non discriminazione, sanzionato dalla l. n. 300 del 1970, art. 15, ma anche il principio di razionalità, alla stregua del quale i criteri concordati devono avere i caratteri dell’obiettività e della generalità, oltre a dover essere coerenti con il fine dell’istituto della mobilità dei lavoratori.

La limitazione del novero dei licenziabili a un determinato appalto è legittima solo in presenza di ragioni (ulteriori rispetto alla mera cessazione dell’appalto che determina l’esubero del personale) che giustifichino la mancata comparazione con la restante parte dei lavoratori occupati in azienda (ad esempio, la non fungibilità delle mansioni prestate dai lavoratori addetti al deposito cessato rispetto alla generalità degli altri dipendenti); diversamente, la platea dei lavoratori licenziabili deve coincidere con l’intero personale aziendale che svolge le stesse mansioni, ancorché queste vengano prestate presso altri appalti.

La Decisione

La Corte d’Appello ha rigettato la domanda della ricorrente appellante.


Corte di Appello di Brescia
Sentenza del 30 aprile 2020, n. 61