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Corte di Appello di Brescia
Principi espressi nel giudizio di appello avverso la sentenza che riteneva legittimo il licenziamento operato dal datore di lavoro; il lavoratore lamentava l’omessa pronuncia del Tribunale circa la genericità della comunicazione di licenziamento, nonché l’erronea applicazione, da parte del datore di lavoro, dei criteri di scelta del lavoratore da licenziare e la violazione del diritto al ripescaggio.
Nell’ambito del licenziamento individuale disciplinato dalla l. 604/66, non sussiste alcun obbligo del datore di lavoro di specificare, già nella comunicazione del licenziamento, i criteri applicati per la scelta del lavoratore licenziato (l’obbligo di indicare nel dettaglio i criteri di scelta e la loro concreta applicazione è previsto dalla legge soltanto per il licenziamento collettivo); una volta indicata con precisione la ragione economica e organizzativa del licenziamento, l’obbligo di motivazione del licenziamento di cui all’art. 2 della citata l. 604/66, deve ritenersi assolto.
Una volta accertata la soppressione di un posto di lavoro divenuto esuberante, diventa del tutto irrilevante indagare l’avvenuta applicazione dei criteri di selezione del lavoratore da licenziare, i quali, non vertendosi nella specie nell’ambito un licenziamento collettivo per riduzione del personale ai sensi della l. 223/1991, potrebbero venire in gioco soltanto al fine di verificare se il datore di lavoro nella scelta del lavoratore abbia violato i principi di correttezza e buona fede di cui all’art.1375 c.c.; problema, quest’ultimo, che si pone soltanto quando vi siano più lavoratori che svolgono le stesse identiche mansioni o comunque mansioni fungibili e non quando il licenziamento sia la conseguenza della soppressione dello specifico posto ricoperto dal lavoratore licenziato, perché in questo caso la scelta diventa obbligata.
La situazione che occorre vagliare, per verificare se le ragioni economico organizzative poste alla base del licenziamento siano effettive e non pretestuose, è quella contestuale all’epoca del licenziamento, ovvero nei periodi, anteriori o successivi, a ridosso dello stesso. Ciò vale anche per quanto attiene all’obbligo di ripescaggio, poiché l’obbligo di repêchage o di ricollocamento del lavoratore, magari anche in mansioni diverse (sussistendo il suo consenso), insorge prima della risoluzione del rapporto di lavoro e non certo mesi dopo il licenziamento.
La Corte d’Appello ha rigettato la domanda del ricorrente appellante.