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Tribunale di Brescia
I principi sono stati espressi nel giudizio di opposizione promosso dal lavoratore avverso l’ordinanza di rigetto del ricorso proposto ai sensi dell’art. 1, co. 47, L. 92/2012 nei confronti del datore di lavoro per l’accertamento della ritorsività e/o illegittimità del licenziamento intimatogli per giusta causa.
La predetta ordinanza, in particolare, aveva escluso la natura ritorsiva del licenziamento e ritenuto i comportamenti contestati alla ricorrente sufficientemente dimostrati e idonei a integrare la giusta causa del recesso dal rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro.
Sul piano fattuale, le condotte addebitate al lavoratore e poste a fondamento del licenziamento sono riassumibili come segue:
Il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta è assimilabile a quello discriminatorio, vietato dagli artt. 4 della legge n. 604 del 1966, 15 della legge n. 300 del 1970 e 3 della legge n. 108 del 1990 – e costituisce l’ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito o di altra persona ad esso legata e pertanto accomunata nella reazione, con conseguente nullità del licenziamento, quando il motivo ritorsivo sia stato l’unico determinante e sempre che il lavoratore ne abbia fornito prova, anche con presunzioni (conf. Cass. n. 17087 del 2011).
Ne consegue che, ove ritenuto il licenziamento sorretto da una autonoma causa giustificativa, l’ipotesi della ritorsività del licenziamento debba essere automaticamente scartata dovendo il motivo ritorsivo assurgere a motivo “unico e determinante” e che, viceversa, ove non sussista la giusta causa o il giustificato motivo oggettivo del licenziamento, il lavoratore è tenuto a fornire la prova anche mediante elementi di tipo meramente presuntivo del fatto che il recesso abbia rappresentato la reazione arbitraria ad un proprio legittimo comportamento.
Il Tribunale ha rigettato l’opposizione.